scano sotto il nome di Bernardino di Sahagun, e coll’abito religioso venne al Messico nel 1529. Il suo vivo zelo per que’ popoli e pella religione, gli fece tosto sentire il bisogno di penetrare nell’intimo loro, mediante l’uso famigliare di loro lingua. Onde studiò l’azteco sì indefessamente ed amorosamente che Torquemada asserì: nessuno averlo studiato e scritto sì diligentemente, ninguno tanto se ha occupado en iscribér in ella come èl Sahagun. Egli sussidiato dal saggio D. Antonio de Mendoza Vice-re, fondò un collegio per gli Indiani, e vi accolse oltre cento giovani, e fra loro il figlio di Montezuma II, e quello del re di Tesemo uniche e miserande reliquie di quelle illustri schiatte spente dalla brutale politica de’ conquistatori. L’ottimo Sahagun aiutato dal reali suoi scolari tradusse in azteco per l’uso degli allievi le lettere apostoliche e gli evangeli delle domeniche con postille e sermoni, e li scrisse con bella calligrafia latina in libro su fogli grandi di agave più consistente del papiro, di 250 pagine, sul quale leggesi anche il nome di Bernardino Sahagun colla data 1532. Anche questo libro venne in possesso di Beltrami e poi come l’altro passò agli eredi, insieme a molti oggetti curiosissimi di arti primitive e di storia naturale dell’America. Esso è prezioso per la storia, ma specialmente per la linguistica, giacchè forse è il solo ampio documento dell’azteco antico, ed è facilmente riscontrabile, perchè ogni capitolo porta l’intestazione latina. Squier poi nell’autunno del 1855 a Parigi trovò nella biblioteca reale