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varono gli esempi della corruzione e della rilassatezza de’ peggiori tempi del medio evo nell’Europa.

Fra i primi venuti di questi santi frati se ne distinguono due, de’ quali Beltrami fu avventurato di trovare e venire in possesso di opere, che bastano a rendere immortale il suo viaggio nel Messico. Mentre Cortez conquistava il Messico circa il 1518, ci venne frate Martino da Valenza con 12 Serafini, fra i quali era il padre Toribio di Benevento che divenne Provinciale col titolo di Montonilla.

Egli, raccolti alcuni de’ superstiti sacerdoti e dotti messicani, mentre li educava alla fede ed alle arti cristiane, fece loro sotto i suoi occhi disegnare a geroglifici e figure ciò che stimavano più necessario tramandare alla posterità di loro storia tradizionale. Così ne vennero quattordici quadretti su papiro d’agave di palma che sia, i quali contengono quel sunto della storia dei Messicani dai tempi di Maometto a Caanktemoc ultimo governatore dopo Montezuma. Il che ripeterono poi Clavigero ed Alessandro Humboldt ed altri, giacchè questo libro è la principale fonte delle origini tradizionali messicane, tanto che Torquemada lo disse reliquia unica, e lo consultarono Humboldt, e Lord Kingborough per la sua grande opera sui geroglifici messicani. Secondo questo il Messico si chiamava Anahuac, e nel VII. secolo conteneva poche tribù nomadi. Le nuove popolazioni ci vennero da sette caverne del nord, i primi furono i Tultechas, i quali dopo una divagazione di cento anni fondarono