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284 cosmorama pittorico.
lese, e condusse la guerra: in questa il vecchio generale ricorse a nuove armi; pensò pel primo adoperare in battaglia le artiglierie innanzi solo usate a difendere e ad oppugnare fortezze. Pose sui carri spingarde lunghe tre braccia, le strascinò in campo, le collocò dietro le schiere, ed al momento della battaglia dato un segno di tromba, sicchè i soldati si dividessero in due ale, posto fuoco alle artiglierie le scarica contro a’ nemici. Fu battaglia micidiale oltre il consueto, talchè Ercole duca di Ferrara ferito ad un calcagno da una scaglia, mandò lamenti al Coleone perchè avesse usate armi barbare: erano le battaglie a que’ di ostinate, lunghe, ma poco micidiali; perchè mal potevano le mazze e le spade contro i soldati vestiti tutti di ferro: si battevano talora un intero giorno, e ne morivano due militi arroncinati fuor di sella. Fu fatale l’esperimento del Coleone; ciò non toglie si debba a lui il merito d’una nuova applicazione nell’arte della guerra, che segnerà per epoca la battaglia di Molinella data ai 15 luglio 1467, e non a Francesi, come asserisce Guicciardini; è vergognoso che anche il Venturi e il Grassi gli tacessero questa gloria. Coleone inoltre in quel fatto fu al solito esperto nell’ordinare le schiere e prode nel combattere colla spada; pugnò di giorno e di notte, riordinò i suoi che piegavano, nè si messe dal caldo della mischia finchè ottenne vittoria: fu giudicato pari alla sua riputazione di primo capitano del tempo. Dopo ritornò alla domestica quiete nel suo castello di Malpaga ove viveva usando splendidamente le dovizie acquisiate in tante guerre. Ivi accoglieva gli amici, i generosi, sdegnava i tristi. — A che pro, diceva, conversare con gentaglia, con cui bisogna rilasciar l’arco dell’anima? Oltre a ciò sarei da essi in cospetto blandito e dietro
le spalle maledetto; che il costume de’ balordi è di compassionare gl’infelici, invidiare i prosperi, mordere con velenoso dente chi loro sovrasta. — Un dì Antonio Cigola dicevagli essere sciagurata la propria età: ei rispondea: — Mio zio dicea lo stesso, e tale riferiva essere stati i lamenti di suo padre, tali quegli degli avi. — Però Coleone sebben mostrasse con ciò dannare il difetto de’ vecchi, non seppe toglierlo dell’animo suo, poichè canuto ricreavasi di narrare sovente le proprie gesta e magnificarle.

Tra questa gloria compiacevasi di creare a Bergamo templi, ospizj di carità, fra quali quello di Pietà che dava doti a povere fanciulle; compiacevasi nell’educare le proprie figlie alle domestiche virtù, e volle fossero casalinghe, sapessero cucire, tessere e cucinare, e potè consolarsi di vederle spose e felici: in questa letizia, nell’età grave di 75 anni, ai 14 novembre 1475, chinò il capo all’estremo sonno.

Fu uomo mutabile come tutti i capitani di ventura: era il costume del tempo: amò la gloria, le ricchezze: fu moderato ed ambizioso: quindi azioni belle e biasimevoli: morendo, oltre ai pii legati, lasciò alla Repubblica Veneta molta parte de’ tesori adunati col credito che ella gli fece; e questa riconoscente gli elevò sulla Piazza di San Giovanni e Polo una statua di bronzo dorata, modellata da Andrea del Verocchio e fusa da Alessandro Leopardi della quale diamo il disegno: è tuttavia bell’ornamento di Venezia e testimone della gloria de’ capitani Italiani: qui le arti soccorrono alla storia per richiamare sempre la ricordanza d’un prode verso cui i posteri non furono sempre riconoscenti.

Defendente Sacchi.

STATUA EQUESTRE DI BARTOLOMEO COLEONE.