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— da ragione di verità o dignità: forte, per le parole che allora era capace di dire sul viso, ma senza collera, sempre calmo e composto. Con tale temperamento si comprende come nei suoi libri (in ciò vero manzoniano) egli non abbia mai una pittura, nè un'immagine voluttuosa; si comprende come i suoi personaggi migliori siano di tale purezza che anche un’ombra fugace può offendere il loro sacrario interiore; e basti questo passo:

Il dott. Asquini « alzando il capo, si vide nello specchio li sulla mensola del camino... Non si era mai accorto di somigliar tanto a suo padre, quale l’aveva veduto quarant'anni prima. « Fedele e santa donna, mia madre!» fu lì per dire... ma nel for- mare questo pensiero gli rimorse il cuore... D’una madre si può creder altro?... ».

E al dott. Asquini, il Terenzi, l’amico che muore tisico allo spedale, ricorda, fra le comuni remini- scenze del campo, le bibbie vedute negli zaini dei prussiani morti nella guerra di Francia; e questo perchè l’Abba credeva il sentimento religioso, oggi sì leggermente negletto nelle scuole e nelle famiglie, necessario ad ogni grandezza dell’anima ed anche al coraggio virile.

Tali convinzioni dirigevano il suo pensiero, e per esse tutti i personaggi delle sue novelle, con una analisi semplice, vanno speditamente alle conse- guenze del bene e del male che operano nel loro piccolo mondo. Nel libro « Da Quarto al Volturno » quei tipi di combattenti non hanno quasi gradua- zione nella bellezza eroica dell’atto in cui l’autore