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bro porto, se ne stava tranquillamente in piazza a sentir la banda; e il governatore della città, il terribile Galateri, lo fissava da un finestrone del suo palazzo. Manda un sergente a chiamarlo.
Il sig. Saul non se lo fa dire due volte, ma al cospetto di colui, rimane indietro, esitante.
— Venite avanti voi e i vostri baffi! chi siete? — gli grida il governatore.
— Saul...
— Un ebreo? con quei baffi siete un ebreo? dove state? di dove venite? cosa fate in Alessandria?... Sergente, fate entrare il barbiere.
I baffi del sig. Saul cadono a terra. Poi due ser- genti gli affibbiano, in un corridoio oscuro, venti quattro colpi di ciabatta sul dorso, perchè meglio se ne ricordi. Sentendosi il labbro nudo, e le costole indolenzite, al sig. Saul veniva da piangere e gli pareva di non esser più uomo. Uscito dal palazzo si ritira in un luogo recondito a passeggiare, e per consolarsi mormora alcuni versetti dei salmi:
« Abbi cura di me, o Geova, perchè le mie ossa son contristate ».
« Tornerà l’opera di lui, e sul capo di lui cadrà la sua ingiuria ».
Il sig. Saul muore poi vecchissimo, e benedetto da tutto il paese per le sue grandi misericordie. Lo sotterrano in terra cristiana.
Un senso comico misto a un senso pietoso fanno di questa novella un vero gioiello. Anche il sig. Saul, buono e generoso, ritira un po’ dall’autore. Fo- resto nei « Primi Duoli » è pure l’autore fanciullo.