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aveva partecipato, l’Abba poi vi rimase chiuso come in una consacrazione; ne senti un’eco in ogni cosa che scrisse: il che se restrinse quasi a un unico obbietto, la sua veduta intellettuale, giovò ai fatti che ebbero da lui testimonianza così eloquente, e giovò alla diffusione dell’esempiîo. Ricordi della patria, o libera o serva, ricordi del vecchio Piemonte dispo- tico, sono, in quasi tutte queste novelle, come lo sfondo del piccolo dramma che accade nel borgo. Così nell’ultima pagina della tragica novella che prende il titolo da Nunzia, il duca di Genova « un signore pallido, bello, d’un’aria dolce e severa » trascorre veloce a cavallo seguito da » personaggi grandi, dai panni colorati di colori vivi, con dei bottoni che risplendono come stelle: » e quei con- tadini lo credono il Re.
— Oh quando lo saprà Nunzia! — esclama la madre dolente che anche la figliuola non sia lì con lei, nella strada, a vedere il Re. E non sa che fu uccisa. Così, mentre muore Amleto, s’ode, dietro la scena, passare la marcia trionfale di Fortebraccio. Anche nella novella dell’Abba il fatto pubblico, impassibile e calmo, è simultaneo alla tragedia privata, ed è circostanza drammatica che accresce l’eloquenza della sciagura.
Nella novella: « I baffi e il cuore del sig. Saul » è un ricordo comico e bieco del vecchio dispo- tismo.
Il sig. Saul aveva un gran cuore, e anche un gran paio di baffi. Si era nel 1834, di domenica; il sig. Saul, venuto ad Alessandria per suo di-