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— Catena orrenda del male! — esclama allora 4 il dott. Crisante. Ma egli è un gaudente egoista, una testa leggiera, e non può essere un martire del rimorso: fuggito Prospero, senza che se ne sappia più nulla, il dott. Crisante rientra nei limiti del suo carattere grossolano, contento « a mangiar bene e bever meglio. » E questo è pensiero di Lu- pinella, la quale aspetta intanto che il vecchio muoia per beccargli l’eredità, dopo aver temuto di perderla per il ritorno del figlio.

Questa novella ha dunque, come le altre, quel significato morale che sempre possono avere tutte le azioni umane, se si riportino alla coscienza che sola può giudicarle, e a cui l’Abba subordina sempre. l’intento dell’arte. Egli individua il fatto, ossia lo distingue da ogni suo motivo concomitante, acciocchè divenga la prova d’una legge morale, e per essa una condanna assoluta di chi non l’osserva. Il giusto qui ne patisce pel peccatore, ed è questo l’effetto più terribile della colpa, e per il quale la colpa diviene enorme. Il vero, il grande infelice, qui è Prospero, non il padre. E sarebbe anche il padre, se quello scapolo epicureo avesse più coscienza della sua misera sorte d’uomo soggetto a una serva come Lupinella. Questa siede e fila come una parca nel focolare, e conta i minuti al vecchio padrone, venalmente premurosa, falsa e nemica. Il padrone è la mosca, e la serva il ragno che non la divora, ma la nutre e la blandisce per i suoi fini. Il che secondo la natura, è normale, ma, secondo la co- scienza umana, è abbominevole, mentre è la giusta