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espiatoria del celibato. Il primo è presso a morir tisico allo spedale. Il secondo si ridusse da vecchio a sposare una giovane donna, e sconta con la paralisi le nozze troppo indugiate. Giace su una poltrona, e amante, com’egli è, delle armonie ma- ritali, vuole che l’orologio della quaglia e quello del chiù suonino insieme l’ora, in perfetto accordo, il che non accade mai, c'è sempre qualche minuto di differenza, e il pover uomo s’arrabbia. Il terzo, vivo e verde ancora, l’ha in suo potere la serva. Egli non se ne può sciogliere, perchè ci s°è affe- zionato, perchè è solo, e colei furba e venale, se n’approfitta, e lo rigira come le piace. Ahimè come possono andare a finire anche gli eroi!
Non è che il dott. Asquini non veda il rovescio “della medaglia, cioè tutte le calamità grandi e pic- cole che posson venire dal matrimonio, ma, in quel momento, la sorte di quegli amici gli sembra la più trista, e per salvare il figliuolo dal vae soli! della Scrittura, più non ‘si oppone al suo desiderio di prender moglie.
Altro scapolo è il dott. Crisante nella novella di questo nome. Egli è colpevole di effetti che impegnano la coscienza. Lo stesso soggetto dunque è qui considerato sotto il riguardo morale. Qui apparisce l’infelicità dei terzi, cioè di coloro che sono detti figliuoli naturali, e insieme (che pare una contradizione) illegittimi, o più duramente, bastardi, nome che, secondo il tono, suona offesa, o disprezzo, o anche una certa benevola compas- sione, non senza un po’ di piacere e d’orgoglio