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sera Lupinella lo mandava a dormir alticcio. Quando si annoiava, essa lo incantava nella nicchia del fo- colare e gli faceva dire il rosario, o gli inventava storielle di donne e d’uomini conosciuti da lui; ed egli, che volentieri le credeva, ci provava un gusto matto, consolandosi di trovarsi con sì gran com- pagnia. Se Dio avesse poi perdonato gli altri, avrebbe perdonato anche lui. Ma qualche volta, ascoltando quei racconti, si scoteva, dava un crollo improvviso, che Lupinella credeva fosse alla fine il colpo; dava un crollo e si fissava in una visione che pareva gli passasse davvero dinanzi agli occhi.

— Lupinella! e quando mi porteranno via morto, che si dirà di me?

— Ma? — rispondeva essa, che per solito stava filando.

— Che sono stato un brav'uomo, no di certo! Forse non verranno a accompagnarmi neppur i cani.

— Faremo distribuire dei gran cestoni di pane, e la gente verrà. *

— Ah! sì, dei gran cestoni...! Ma quando mo- rirà il Paleari?

— Ci andrà meno gente che dietro lei!

— No, no! Oh! quel giorno, la gente è giusta! Ci andrà tutto il borgo!

Lupinella seguitava a filare e mandava il fuso con tal forza che pareva mandasse lui chi sa dove.

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