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LIRE pronta di nobiltà e di fierezza. Egli si congeda all’alba « con affetto inesprimibile » dal « suo grande amico » il cavallo del reggimento, il quale, come i cavalli dell’epopea, ha quasi un’anima umana: più tardi quel cavallo penserà che il suo padrone è partito. E il padrone parte a piedi, e durante il suo viaggio ‘notturno sotto la tacita luna, con pochi cente- simi in tasca, e la fame in corpo, gli sproni suo- nanti lo distraggono « come una soave armonia ». Più s’avvicina al paese, e più i ricordi lo com- muovono. Si sofferma a notte avanzata davanti al collegio di Carcare, e qui pensa, giovane di venti anni, all’amara fuga del tempo, all’adolescente che non è più, e che visse entro quelle mura sotto la | disciplina del buon maestro, da cui udi la prima volta Virgilio, e che egli ricordava spesso con ri- conoscenza filiale (1). E giunto a casa che tesoro di note flebili rivedendo, dopo quell’assenza sì pe- rigliosa, i suoi cari! La sorella gli parla a stento, il figliuolo s’accorge che il padre è imbiancato, la madre invece è ringiovanita dalla gioia. Il figliuolo, seduto al focolare, piange in silenzio, e si guarda gli sproni. Pare che con gli occhi fissi su quegli sproni, egli mescoli agli affetti tumultuosi di quel momento, anche il rammarico d’aver lasciato il suo cavallo, e di non essere più soldato.

(1) Lo ricorda anche nelle « Noterelle d’uno dei Mille ».