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« Era a questo Reggimento che sette mesi innanzi «io mi ero ascritto a Pinerolo, portando meco tutte le splendide illusioni che a vent'anni fan battere il cuore d’un montanaro.

« Un bel mattimo, molt’ora prima che la tromba rompesse il sonno de’ miei commilitoni, io stavo « già pronto a partire. Le mie due camicie, ram- « mendate le tante volte dalla mia mano, erano « l’unico fardello che doveva accompagnarmi. Più « povero io non potevo essere davvero. Eppure nel mio petto era una soave allegrezza, e le di- ciotto lire della mia borsa, mi sembravano un tesoro invidiabile dal più felice mortale. Era la «somma che mi occorreva, non un centesimo di « più, per giungere a casa mia.

«Io me ne scesi alla scuderia. Il mio grande «amico pareva mi avesse atteso tutta la notte, « perchè nel sentire il mio passo, nitrì di contento. « M’accostai con affetto inesprimibile, e stazzonan- « dogli il collo superbo e lisciandogli la criniera, « gli dissi addio. Forse mi avrà compreso; ma ad « ogni modo quel giorno non ebbe più pane, nè « sale dalla solita mano, epperò avrà pensato che «io non v'era più. All’alba me ne partiva con la « via ferrata, abbandonando per sempre quella vi- « gorosa famiglia di cavalieri; solo, senz’arme, ve- « stito soltanto della bassa tenuta, e con le due « camicie nella logora sacca. Milano, Magenta, No- « vara. Qui faccio sosta per rammentarmi che vi- « sitai l’amico mio Edgardo, soldato di fanteria, ed « allievo della scuola militare. E seguitando il mio

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