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90 | così parlò zarathustra — parte seconda |
«Virtù è lo star seduti silenziosamente nella palude».
«Noi non mordiamo nessuno, ed evitiamo quelli che voglion mordere: e intorno ad ogni cosa noi pensiamo come vogliono gli altri».
E altri ancora ci sono, i quali amano gli atteggiamenti, e pensano che la virtù è una specie d’atteggiamento.
Le loro ginocchia adorano sempre e le loro mani non si stancano di esaltare la virtù, ma il loro cuore nulla sa di tutto ciò.
E ci sono ancor altri, che pensano far mostra di virtù col dire: «La virtù è necessaria»; ma in fondo essi credono soltanto alla necessità della polizia.
E taluno, che non giunge a vedere ciò che più è nobile nell’uomo, chiama virtù il veder troppo da vicino ciò che l’uomo ha di basso; e dà il nome di virtù al suo mal occhio.
E altri vogliono esser edificati e sollevati e chiaman ciò virtù; altri vogliono essere atterrati — e chiamano virtù ancor questo. E così tutti credono d’avere la lor parte di virtù: e per lo meno ciascuno pretende di conoscere il «bene» ed il «male».
Ma Zarathustra non è già venuto per dire a tutti questi pazzi e mentitori: «che cosa sapete voi della virtù? Che cosa potreste sapere voi della virtù?»; bensì, perchè voi, amici, vi sentiate stanchi delle logore parole che avete appreso dai pazzi e dai mentitori; perchè vi sentiate stanchi delle parole: «mercede», «ricompensa», «castigo», «vendetta nella giustizia», e siate stanchi di dire: «che un’azione è buona quando è disinteressata».
Ah, miei amici! Che nell’azione la vostra intima natura si riveli come la madre nel figlio; la vostra parola sia questa: virtù.
Invero, io vi tolsi almeno cento parole a voi care e i più diletti trastulli della vostra virtù: e ora mi tenete il broncio, come fanno i bambini.
Essi giuocavano in riva al mare, — a un tratto giunse l’onda e travolse nel suo grembo profondo i loro giocattoli: e ora piangono.