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88 | così parlò zarathustra — parte seconda |
Dei virtuosi.
«Ai sensi torpidi e fiacchi conviene parlare coi tuoni e coi raggi celesti.
Ma la voce della bellezza parla sommesso; essa non si insinua che nelle anime più pronte.
Oggi leggermente vibrò e sorrise il mio scudo: questo è il sacro fremito e il riso della bellezza.
Di voi, o virtuosi, rise oggi la mia bellezza: e così giunse a me la sua voce: «Essi vogliono esser pagati per giunta».
Voi volete esser per giunta pagati, o virtuosi: chiedete il vostro premio per la virtù, e il cielo per la terra, e l’eternità per il vostro oggi?
E vi adirate con me, perchè io insegno che non v’ha chi rimunera e chi paga? Certo: per me la virtù non è nè pura nè rimuneratrice di sè stessa.
Ah, in ciò è il mio affanno! Con menzogna della ricompensa e del castigo fu avvelenato il fondo delle cose — anche il fondo delle vostre anime, o virtuosi!
Ma, simile alle zanne del cinghiale, le mie parole sventreranno le vostre anime: voglio che mi chiamiate il vostro vomere.
Tutti i misteri della vostra intima natura debbono venire alla luce; e quando giacerete al sole spogliati e infranti, allora la vostra menzogna sarà separata dalla vostra verità.
Perchè la vostra verità è questa: voi siete troppo; puri — per la sozzura delle parole — vendetta, castigo, mercede, ricompensa.
Voi amate la vostra virtù, come la madre ama il proprio figlio; ma quando mai s’è sentito che la madre chieda d’esser pagata del suo amore?
Essa è per voi la cosa più cara, la vostra virtù. La brama dell’anello è in voi? Ricongiungersi a sè stesso, ecco ciò a cui tende ogni anello.
E simile a un astro spento è ogni opera della vostra virtù: la sua luce è ancora sempre in cammino: — quando avrà finito di camminare?