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86 così parlò zarathustra — parte seconda


Di ceppi di falsi valori e di folli parole! Ah, se qualcuno potesse redimerli dal loro redentore!

Credettero di approdare ad un’isola, quando il mare li travolse; ed era invece un mostro assopito!

Valori falsi e parole folli: ecco i peggiori mostri per i mortali: — il destino dorme a lungo ed attende.

Ma infine si desta e divora il tempio e i tabernacoli che su di lui s’erano costrutti.

Oh, guardate le dimore che questi preti hanno edificate! Chiese essi chiamano le loro caverne putride.

Qual falsa luce, quale aria appestata qui dove l’anima non può levarsi in alto!

Poi che a lei così comanda la fede: «salite i gradini con le ginocchia, o peccatori!».

Amo meglio vedere l’impudico, che non gli occhi lordi del loro pudore e della lor devozione!

Chi creò a sè tali caverne e tali scale di pena? Non erano forse coloro che volevano nascondersi e si vergognavano del cielo sereno?

E soltanto quando il cielo sereno potrà penetrare attraverso le vòlte cadenti e risalutare le erbe e i rossi papaveri — il mio cuore palpiterà di nuovo verso i templi di questo Dio.

Essi diedero il nome di Dio a ciò che contraddiceva alle loro idee e cagionava loro dolore! e in fatti molto eroismo era nella loro adorazione. E non seppero amare in altro miglior modo il loro Dio che crocifiggendo l’Uomo!

Essi pensavano di vivere come cadaveri, e di nero vestirono il proprio cadavere; anche dai loro discorsi emana il lezzo delle camere mortuarie.

E chi vive accanto a loro, vive simile a un nero stagno nel quale il rospo delle paludi fa sentire il suo canto dolcemente melanconico.

Altre e migliori canzoni dovrebbero essi cantare per farmi credere nel loro redentore; più redenti dovrebbero apparirmi i discepoli di questo Salvatore.

Vorrei vederli nudi: perchè la bellezza soltanto dovrebbe predicare la penitenza. Ma chi può mai essere convinto da quella triste mascherata?