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delle mosche del mercato. 47


Pazzi son tutti costoro; pazzi, e scimmie.

Il loro idolo male adora — il freddo mostro: — e tutti puzzano, questi adoratori dell’idolo.

O miei fratelli, vorreste forse esser soffocati dall’alito delle or pudrite bocche e delle loro malsane bramosie! Piuttosto spezzate i vetri alle finestre e salvatevi all’aria libera!

Fuggite il cattivo odore! Fuggite l’idolatria degli uomini inutili. Fuggite il cattivo odore! Allontanatevi dai tristi vapori che si esalano da questi sacrifizi umani!

Ancora la terra è libera per le anime grandi. Ci sono molti posti ancora per le anime solitarie e le gemelle, intorno alle quali aleggia il profumo di mari tranquilli.

Ancor libera è la vita; libera per le anime libere. In verità chi poco possiede è poco posseduto: sia lodata una siffatta povertà: solo là dove lo Stato cessa d’esistere incomincia l’uomo non inutile: di là solo incomincia l’inno del necessario, il ritornello uniforme.

Là dove lo Stato cessa d’esistere — ma guardate un po’ là, miei fratelli: Non vedete laggiù l’arcobaleno, e i ponti del superuomo?».

Così parlò Zarathustra.




Delle mosche del mercato.

«Ripara, o amico mio, nella solitudine! Io ti veggo stordito, dallo strepido degli uomini grandi e punto dagli aculei dei piccoli. Il bosco e il monte sapranno degnamente tacere con te. Sii simile all’albero che tu ami, all’albero dai rami diffusi; egli pende sul mare, silenzioso, in ascolto.

Dove finisce la solitudine, ivi incomincia il mercato; e dove incomincia il mercato, ivi incomincia lo strepito dei grandi commedianti e il ronzìo delle mosche velenose.