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36 | così parlò zarathustra - parte prima |
Guardate quel povero corpo: ciò che egli sofferse e desiderò fu interpretato dall’anima quale bramosia assassina e desiderio della voluttà del coltello.
Chi è ammalato viene colto da quel male che oggi è detto «delitto»; egli vuole cagionar dolore mediante ciò che gli procurava dolore. Ma vi furono altri tempi; e altro bene e altro male.
Una volta il male era il dubbio e lo spirito d’indipendenza. E allora l’ammalato diventava un eretico o una strega: e quale eretico o quale strega egli soffriva e voleva far soffrire.
Ma i vostri orecchi son sordi a questo; voi mi dite che ciò nuoce ai buoni che sono tra voi. Ma che m’importano i vostri buoni!
Molte cose nei vostri buoni mi destan la nausea, e dirvi ciò che v’ha di male in loro è il men peggio. Quanto sarei contento se fosser colti da una demenza che li facesse perire, come questo pallido delinquente!
Questo vorrei: che la loro follìa si chiamasse verità o sincerità o giustizia: ma essi possiedono la virtù per poter vivere a lungo nella lor miserabile contentezza.
Io sono il parapetto di un fiume: s’appoggi a me chi può!
Ma io non sono già la vostra stampella».
Così parlò Zarathustra.
Del leggere e scrivere.
«Di tutto ciò che è scritto io non amo se non quello che taluno scrisse col proprio sangue. Scrivi col sangue, e tu apprenderai che il sangue è spirito.
Non è facile comprendere il sangue degli altri; io odio i lettori oziosi.
Chi conosce il lettore non farà mai più nulla per lui.
Ancor un secolo di lettori — e lo stesso spirito sarà un cadavere che pute.
Che tutti sappiano leggere: ecco ciò che, a lungo andare, guasta non solo lo scrivere, ma anche il pensiero.