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296 così parlò zarathustra - parte quarta

La festa dell’asino.


1.

Ma a questo punto Zarathustra non seppe più frenarsi; gridò anche lui I-A, vincendo la voce dell’asino, e saltò in mezzo ai suoi ospiti impazzati. «Ma che fate, creature?», esclamò rialzando da terra i suoi ospiti. «È bene che nessuno v’abbia veduto all’infuori di Zarathustra.

Per quale nuova fede voi vorrete sembrare i peggiori bestemmiatori di Dio o le più stolide tra le vecchie donnicciuole?

E tu, vecchio papa, donde avviene che anche tu adori un asino quale tuo Dio?».

«O Zarathustra», rispose il papa, «perdonami, ma nelle cose divine io sono più largo di te. E così convien che sia.

Meglio adorare Dio sotto questa forma che non adorarlo.

Medita su questa sentenza, mio eccelso amico! Tu comprenderai di leggieri che in essa una grande saviezza è riposta.

Colui che sentenziò: Dio è uno spirito — fece su questa terra il più grande passo verso l’incredulità; a quest’affermazione non è più facile riparare oggidì!

Il mio vecchio cuore sobbalza per la gioja di poter ancora adorare qualche cosa. Perdona, o Zarathustra, a un cuore di papa, vecchio e pio!».

— «E tu», disse Zarathustra al viandante-ombra, «tu ti credi e ti vanti uno spirito libero! E non ti vergogni di atterrarti dinanzi a un tale idolo?

Tu fai peggio ora che non poc’anzi presso alle maliziose fanciulle brune, o cattivo seguace della nuova fede!».

«Ciò è molto male: tu hai ragione», rispose il viandante-ombra, « ma che posso io fare! Il vecchio Dio rivive, o Zarathustra, checchè tu dica.

Il più brutto degli uomini è la causa di tutto: egli l’ha resuscitato. E per quanto egli ci vada dicendo d’averlo ucciso, la morte per gli dèi non è stata mai altro che un pregiudizio».

«E tu», proseguì Zarathustra, «o vecchio mago perverso, che cosa hai fatto? Chi, a questi tempi liberi, crederà ancora in te, se tu stesso credi in tali asinerie divine?