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tra le figlie del deserto 289



E non vi ho forse posto in guardia contro di lui dicendovi ch’egli è un ingannatore, uno spirito mendace e falso ancor quando vorrebbe mostrarsi giusto e sincero? Ma che cosa posso io fare contro le sue perfidie? Forse ho io creato lui e il mondo?

Ebbene! dimentichiamo ogni cosa! E se pur Zarathustra guarda torvo — osservate, egli è in collera con me: — prima che giunga la notte egli imparerà ad amarmi e a lodarmi un’altra volta, poi che egli non saprebbe vivere a lungo senza commettere tali schiocchezze.

Egli ama i suoi nemici: nessuno conosce quest’arte meglio di lui; ma di ciò egli si vendica sui proprii amici!».

Così parlò il vecchio mago ed ebbe il plauso degli uomini superiori: sicchè Zarathustra fece il giro della caverna e con atto malizioso e affettuoso a un tempo porse la mano a ciascuno dei suoi ospiti, come chi domandi scusa. Ma quando passò dinanzi alla soglia della sua caverna, lo assalì il desiderio dell’aria libera e dei suoi animali — e volle uscire all’aperto un’altra volta.




Tra le figlie del deserto.

«Non andartene!», disse allora il viandante, che soleva chiamarsi l’ombra di Zarathustra, «resta con noi, — altrimenti l’antica e tetra malinconia potrebbe ancora assalirci.

Già quel vecchio mago ci ha dato un saggio della sua peggior scienza, e il vecchio papa (nol vedi?) ha le lagrime agli occhi e già veleggia sul mare della malinconia.

Questi re sapranno ancora darsi un contegno alla nostra presenza; giacchè tali arti esse le conoscono meglio di tutti noi! Ma se qui fossero soli, metto pegno che ricomincerebbero il vecchio gioco; il vecchio gioco delle nubi erranti, dell’umida malinconia, dei cieli coperti, dei soli offuscati, dei venti autunnali; il falso gioco del nostro urlare e del nostro gridare al soccorso. Resta con noi, Zarathustra! Qui è molta miseria na-