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della scienza | 287 |
Della scienza.
Così cantò il mago; e gli altri ospiti si lasciarono attrarre nella rete della sua astuta e melanconica voluttà. Tutti, fuorchè il coscienzioso dello spirito, il quale strappò ratto l’arpa di mano al mago, gridando: «Aria! Lasciate entrar l’aria buona! Lasciate entrar Zarathustra! Tu avveleni questa caverna, vecchio mago malvagio! Tu ci conduci — tu falso, tu scaltro — a brume e a selve sconosciute. Guai quando i tuoi pari si mettono a chiacchierare della verità! Guai a tutti gli spiriti liberi, se non stanno in guardia contro tali maghi! la loro libertà è perduta: tu li persuadi e li attiri a rientrare nella lor prigione.
Vecchio demonio melanconico, i tuoi lamenti son modulati sul suono d’uno zufolo di richiamo; tu appartieni a coloro che esaltano la castità per lusingare gli altri, segretamente, al piacere».
Così parlò il coscienzioso: ma il vecchio mago guardò intorno a sè, risentito da quelle parole e lieto a un tempo del proprio trionfo.
«Taci!», disse a bassa voce, «le buone canzoni vogliono una buona eco; dopo le buone canzoni bisogna rimaner a lungo silenziosi.
Così fan tutti gli uomini superiori. Ma tu hai compreso ben poco al mio canto. Confessalo. In te è difetto di spirito imitatore!».
«Separandomi da te, tu mi lodi», rispose il coscenzioso, «ebbene! Ma gli altri? — Voi ve ne state là seduti con occhi bramosi: dove è fuggita la vostra libertà? Per poco non assomigliate a coloro che a lungo han guardato le danze di nude perverse fanciulle: le vostre stesse anime danzano.
Voi, uomini superiori, dovreste aver maggior copia di ciò che il mago chiama lo spirito maligno e ingannevole: davvero l’indole vostra è diversa dalla mia.
A lungo abbiamo parlato e pensato insieme, prima che Zarathustra facesse ritorno alla sua caverna: sappiamo bene, ora, che noi siamo diversi.
Noi cerchiamo cose differenti quassù: voi ed io. Io chiedo maggior sicurezza e perciò venni a Zarathustra. Giacchè egli