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284 così parlò zarathustra - parte quarta

spirito maligno e ingannatore, il dèmone della melanconia — il quale è cordialmente nemico di Zarathustra; perdonateglielo! Ora egli vuole far incantesimi dinanzi a voi, ed è questa appunto la sua ora; invano io lotto col mio spirito maligno.

A voi tutti, quali si siano gli onori che voi vi attribuite con le parole, e sia che vi piaccia chiamarvi «gli spiriti liberi» o «i veridici», o «i penitenti dello spirito» o «i ribelli», o «i grandi annunziatori»; — a voi tutti, che al pari di me soffrite della grande nausea, a voi per i quali il vecchio Dio è morto e nessun Dio nuovo si agita ancora nella culla e tra le fasce — a voi tutti è amico il mio spirito maligno, il mio demonio incantatore.

Io conosco voi, uomini superiori, io conosco lui, e anche conosco quel mostro che amo a malincuore — Zarathustra: egli stesso mi appare talvolta simile a una bella maschera di santo.

Quale un nuovo travestimento, di cui si compiaccia il mio spirito maligno — il dèmone della malinconia — così io amo Zarathustra; ed egli tale sembra a quel mio spirito alcuna volta.

Ma già questo spirito, questo dèmone del crepuscolo, m’assale e mi violenta! e in verità, o uomini superiori, esso arde di desiderio!

— Aprite bene gli occhi: esso arde di mostrarsi nudo, se in forma di maschio o di femmina ancora non so: ma certo egli giunge, mi fa violenza, ah! tendete bene tutti i vostri sensi!

E giorno declina; l’ombra della sera avvolge tutte le cose, anche le migliori; udite e guardate, o uomini superiori, qual dèmone, se maschio o femmina, sia questo spirito della malinconia vespertina!».

Così parlò il vecchio mago, guardando con scaltri occhi intorno a sè; poi diè di piglio alla sua arpa.

Or che il cielo è di perla, e la leggera
     rugiada in terra scende,
     gentile messaggera;
     e non la vede alcun, nè alcun l’intende,
     chè fatati calzari allacciò ai piè;
     ricordi quale di celesti lagrime
     desiderio, o mio cuore, t’assaliva,