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il canto della melanconia 283


Tutto è ancora possibile! Apprendete dunque a ridere di voi stessi! In alto i cuori, o danzatori leggieri, sempre più in alto! E sopra tutto, non dimenticate il riso, il buon riso!

Questa corona del riso, questa gioconda corona di rose a voi io la getto, o miei fratelli! Il riso, io l’ho gridato sacro: uomini superiori, apprendete dunque a ridere!




Il canto della melanconia.


1.

Così parlava Zarathustra sul limitare della sua caverna; poi, com’ebbe profferite le ultime parole, lasciò i suoi ospiti, e uscì per poco all’aperto.

«O puri effluvi che mi circondate», esclamò, «o beato silenzio intorno a me! Ma dove sono i miei animali? A me, a me, aquila mia, mio serpente!

Ditemi dunque, miei animali: questi uomini superiori tutti insieme forse odorano male? Oh puri effluvi a me d’intorno! Ora soltanto so quanto vi ami, o miei animali».

— E Zarathustra ripetè ancora: «io vi amo, miei animali!». E l’aquila e il serpe gli si strinsero da presso guardando in alto verso di lui. E così tutti e tre se ne stavan tranquilli insieme, assaporando l’aria balsamica. Giacchè l’aria era migliore all’aperto, che non tra gli uomini superiori.


2.

Ma non sì tosto Zarathustra era uscito dalla sua caverna che il vecchio mago s’alzò, guardò intorno a sè con aria scaltra e disse: «Egli se n’è andato!».

«E già, o uomini superiori, — voglio adularvi con questo epiteto lusingatore, come faccio con lui — già mi assale il mio