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270 | così parlò zarathustra - parte quarta |
— «No! no! Tre volte no! Ben altri io attendo su questi monti, e non voglio partirmi di qui senza di loro!
— «Altri attendo: più alti, più forti, più vittoriosi, più fiduciosi; altri che sono diritti di corpo e d’anima; leoni gioivi devono giungermi!
«O miei ospiti bizzarri, — nulla avete ancor udito de’ miei figli? Sono avviati alla mia volta?
«Parlatemi dunque de’ miei giardini, delle mie viole beate, della mia nuova e bella stirpe: perchè non mi parlate di ciò?
«Questo è il dono che dal vostro amore, in compenso dell’ ospitalità, io chiedo: parlatemi de’ miei figli! Allora mi troverete ricco e povero a un tempo: che cosa non ho scrificato, che non sacrificherei per questo?
— «Che non darei e che non ho già dato per ottenere una sola cosa: questi figli, questa vivente vegetazione, questi alberi vitali della mia valle e della mia più sublime speranza?
Così parlò Zarathustra; poi improvvisamente si tacque: giacchè lo assali il suo desiderio, ed egli chiuse gli occhi e la bocca, per la grande commozione. E anche i suoi ospiti se ne stettero silenziosi e costernati; soltanto il vecchio indovino faceva cenni con le mani.
La cena.
Interruppe, egli, i saluti di Zarathustra e de’ suoi ospiti: si fece innanzi, come persona che non ha tempo da perdere, e prendendo Zarathustra per mano, gli disse: «Ma Zarathustra!
L’uno è più necessario dell’altro: così tu dici sempre: ebbene ora una cosa m’è più necessaria di un’altra.
Un’osservazione in buon punto: non m’hai tu forse invitato a prender parte alla tua cena?
E qui sono parecchi, che han fatto un lungo cammino. Penso che non vorrai nutrirci di parole soltanto?