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266 così parlò zarathustra - parte quarta

il vecchio negromante, il papa, il mendicante volontario, l’ombra, il coscienzioso dello spirito, il triste indovino e l’asino, ma il più brutto degli uomini s’era posto in capo una corona e s’era adornato di due cinti di porpora — giacché, al pari di tutti i deformi, amava mascherar la propria bruttezza coi travestimenti.

E in mezzo a quella accolta d’afflitti stava l’aquila di Zarathustra, con le penne irte e inquieta, poiché la interrogavano su troppe cose, per le quali la sua superbia non aveva risposta.

Ma a torno al collo di lei s’era attorcigliato il serpe prudente.

Tutto questo osservò Zarathustra meravigliato; poi considerò ad uno ad uno i suoi ospiti con indulgente curiosità, lesse ciò che era nelle loro anime, e stupì un’altra volta. Frattanto i convenuti s’eran levati da sedere ed attendevano riverenti che Zarathustra cominciasse a parlare. E Zarathustra parlò così: «Oh voi disperati! Oh voi strani! Io aveva dunque sentito il vostro grido? Ed ora so anche ove debbo cercar colui, che oggi cercai invano: l’uomo superiore.

È qui nella mia caverna, l’uomo superiore! Nè ciò è strano!

Non l'ho forse attirato io stesso verso di me, coi sacrifizi di miele e con gli astuti richiami della mia felicità?

Tuttavia mi pare che voi male v’accompagniate; che voi vi rendiate sgraditi gli uni agli altri, sedendo così insieme. È necessario che venga quell’uno, — quell’uno, che vi fa ridere ancora — un buon diavolo allegro, un danzatore e uno sguaiato, insomma un qualche vecchio pazzo: che ne dite voi?

Perdonatemi un tal discorso volgare; indegno, in verità, di ospiti di riguardo quali voi siete! Ma voi non comprendete da che proceda l’insolenza del mio cuore: — voi stessi e il vostro aspetto ne siete cagione; perdonatemelo! Poi che ognuno sente crescere il proprio coraggio alla vista di coloro che disperano.

Confortare chi è in preda alla disperazione: chi non si sente da tanto?

Anche a me voi deste tale forza: un eccellente dono, o miei ospiti: un dono degno d’ospiti onesti! Ebbene, non abbiatevi per male ch’io v’offra del mio.

Questo è il mio regno e il mio dominio: ma ciò ch’è mio per questa sera e per questa notte deve appartenere a voi pure.

I miei animali devono servirvi: la mia caverna sia il vostro