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delle cattedre della virtù 27


Il sonno bussa ai miei occhi: ed essi divengono pesanti. Il sonno tocca le mie labbra: ed esse rimangono aperte.

In verità, con piè leggero egli viene a me, il più gradito fra i ladri, e mi ruba i miei pensieri: ed io me ne resto tuttavia in piedi inerte al pari di questa cattedra.

Ma non rimango a lungo così; perchè sono di già sdraiato».

Poi che ebbe udito il savio parlare in tal guisa, Zarathustra ne rise nel cuore, perchè una luce s’era fatta in lui. E così parlò allora nel suo cuore:

«Un pazzo mi sembra questo savio coi suoi quaranta pensieri: pur credo che del dormire egli s’intenda assai bene.

Felice chi può vivere vicino a lui! Un uomo simile è contagioso, anche attraverso una solida parete!

C’è un fascino anche nella sua cattedra. E non invano i giovani stavan seduti dinanzi al predicatore della virtù.

La sua sapienza insegna: «vegliare per dormir bene».

E invero, se la vita non avesse alcun significato, ed io dovessi risolvermi per una sciocchezza, mi sembra che accetterei il suo insegnamento.

Ora comprendo chiaramente che cosa si voleva anzitutto quando si ricercava un maestro delle virtù; un buon sonno e delle virtù papaveriche!

Per tutti questi celebrati dottori la sapienza significava il sonno senza sogni; essi non conoscevano un miglior significato alla vita.

Anche oggidì v’han certo taluni che rassomigliano a questi banditori della virtù, nè son sempre onesti altrettanto; ma il lor tempo è passato.

E non a lungo resisteranno: giaceran presto a terra.

Beati questi assonnati: poi che tra breve dormiranno del tutto».

Così parlò Zarathustra.