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258 così parlò zarathustra - parte quarta

L’avida cupidigia, l’invidia biliosa, l’iraconda sete di vendetta, la superbia della plebe, tutto ciò mi spruzzò il volto. Non è più vero che i poveri sieno beati! Il regno celeste bisogna cercarlo in mezzo alle vacche».

«E perchè non presso i ricchi?», chiese Zarathustra per tentarlo, mentre respingeva da sè le vacche, che andavano fiutando famigliarmente quell’uomo.

«A che mi tenti?», rispose questi. «Tu lo sai meglio di me.

Che cosa m’ha spinto ad andar in cerca dei poveri, o Zarathustra? Non era forse lo schifo che mi destavano i ricchi?

I galeotti della ricchezza, i quali con occhi freddi, con pensieri lubrici, sanno trar vantaggio dalle peggiori immondizie; i galeotti di quella plebaglia, che manda al cielo il suo fetore, di quel volgo dorato e frollo, i cui padri erano borsaiuoli, divoratori di carogne, o raccoglitori di cenci, e le cui madri eran procaci, libidinose, volubili, e avevano quasi tutte le qualità delle meretrici.

Plebe in alto, plebe in basso! Che cosa significa oggi ancora « Povero» e «Ricco?». Io disappresi a distinguere gli uni dagli altri, — e preferii fuggirmene lontano, sempre più lontano, sino a tanto che giunsi tra queste vacche».

Così parlò quell’uomo ansando e sudando; sicché le vacche mostrarono un’altra volta meraviglia. Ma Zarathustra lo guardava sempre sorridendo, e scoteva silenziosamente il capo.

«Tu ti fai violenza, o predicatore della montagna, quando adoperi così dure parole. Per tale durezza non son fatti nè la tua bocca nè il tuo occhio.

E, per quanto io posso giudicarne, nemmeno il tuo stomaco: il quale s’oppone a tanta ira, a tanto odio, a tanto traboccar di passione. Il tuo stomaco richiede cose più dolci; tu non sei un macellaio.

Meglio mi sembri un erbicultore e un vegetariano. Forse tu macini i grani. Ma di certo tu sei avverso ai piaceri carnali, e ami il miele».

«Tu comprendi bene l’esser mio», gli rispose il mendicante volontario con un sospiro di sollievo.

«Io amo il miele e mastico il grano» — soggiunse — «poi che io amo ciò che riesce gradito al palato e serba puro