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il mendicante volontario | 255 |
E vicino alla caverna si aprono a centinaia le fessure e i crepacci, rifugio a tutti gli animali che strisciano, volano e saltano.
Tu volontario reietto, non vuoi dimorare tra gli uomini, e in mezzo alla loro compassione?
Ebbene, fa come ho fatto io! Così apprenderai qualche cosa anche da me. Soltanto chi fa impara.
E anzi tutto parla coi miei animali! Il più superbo ed il più accorto degli animali — non sono essi in verità i nostri migliori consiglieri?».
Così parlò Zarathustra, e riprese il suo cammino più lento e pensoso di prima: poi che domandava a sè stesso molte cose alle quali non trovava facilmente una risposta.
«Eppure, quant’è povero l’uomo!», pensava nel suo cuore, «com’è brutto, rantolante, pieno di vergogna nascosta!
Dicono che l’uomo ami sè stesso; ah quanto dev’esser mai grande un tale amor di sè stessi! Giacchè contro quanto disprezzo esso deve combattere!
Anche costui tanto ha amato sè stesso quanto si è disprezzato: molto, di certo.
Non avevo ancora trovato alcuno, che più profondamente sentisse il disprezzo di sè; anche questa è un’altezza. Ohimè! era forse costui l’uomo superiore del quale avevo udito il grido?
Io amo i grandi sprezzatori. Ma l’uomo è tal cosa che deve essere superata».
Il mendicante volontario.
Poi che Zarathustra ebbe lasciato il più brutto degli uomini, si sentì rabbrividire nella solitudine: e tante cose fredde e tristi gli vennero in pensiero, che anche le sue membra ebbero il ribrezzo del freddo. Ma poi che continuò a camminare, or salendo or scendendo, passando ora accanto a verdi prati ora a pianure aride che in altri tempi forse eran state letto a un