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254 così parlò zarathustra - parte quarta


Fu mai risposto con maggior cortesia ad un immodesto? — Ma tu, o Zarathustra, passasti oltre a lui e dicesti: «No! no! tre volte no!».

Tu ci mettesti in guardia contro il suo errore: tu, primo, insegnasti la diffidenza verso la pietà, non a tutti, nè ad alcuni soltanto — si a te stesso e a chi è della tua specie.

Tu hai vergogna dell’onta di chi soffre: e in vero, quando tu annunci: «La compassione giunge verso di noi come una triste nube, o uomini!»; quando tu insegni: «Tutti coloro che creano sono duri: ogni grande amore è più alto della lor compassione», o Zarathustra, come mi sembra che tu conosca bene i segni del tempo!

Ma tu stesso ti devi guardare dalla tua pietà! Poi che molti sono in cammino a te diretti: molti che soffrono, dubitano, disperano, molti che, prossimi ad annegarsi, han le mani intirizzite.

Guardati anche da me: tu hai sciolto il migliore e il peggiore de’ miei enigmi, me stesso e l’azione che ho commessa. Io conosco la scure che t’abbatte.

Ma Egli doveva morire: Egli vedeva con occhi onniveggenti, vedeva nelle profondità e nei segreti moti dell’uomo, vedeva in lui tutta la vergogna e la bruttezza nascosta.

La sua compassione non conosceva il pudore: egli s’insinuò negli angoli più sudici.

Quel curioso, quell’importuno, quel pietoso per eccellenza doveva morire.

Egli vedeva sempre me: e io volli o vendicarmi d’un tale testimonio — o non viver più.

Quel Dio che vedeva tutto, anche l’uomo: quel Dio doveva morire! L’uomo non può tollerare che un tal testimonio viva».

Così parlò il più brutto degli uomini. Ma Zarathustra si alzò per partire poichè si sentiva gelare sin nelle viscere.

«Tu inesprimibile», disse, «tu m’hai messo in guardia contro la tua strada. Per ringraziartene io ti cedo la mia. Vedi, lassù è la caverna di Zarathustra.

La mia caverna è vasta e profonda, e serba molti ripostigli: là anche colui che pur è chiuso in sè stesso può trovare un luogo dove nascondersi.