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il convalescente | 211 |
cose peggiori son necessarie pel suo meglio, perchè esse rappresentano la sua forza, e gli insegnano che egli deve diventar miglior e più malvagio!
Non fui già inchiodato a questa croce del martirio per aver saputo che l’uomo è cattivo, — bensì per aver gridato, come nessuno gridò finora: «Ah, perchè la sua malvagità è così piccola? Ah, perchè ciò che è in lui migliore è così piccola cosa?».
Il fastidio dell’uomo — questo mi soffocava e m’era entrato nella gola: la predizione dell’indovino che «tutto è uguale, e che nessuna cosa merita che l’uomo se ne curi».
Un lungo crepuscolo camminava zoppicando dinanzi a me: una tristezza strana sino alla morte ed ebbra di morte, la quale mi parlava con la bocca aperta agli sbadigli.
«Eternamente ritorna l’uomo, del quale tu sei stanco, l’uomo piccolo», — così sbadigliava la mia tristezza, trascinando il piede e senza potersi addormentare.
In nuda caverna per me si trasformò la terra degli uomini: il suo seno per me s’abbiosciò: le cose viventi divennero per me umana putredine e fracido passato.
Il mio sospiro s’accasciò su tutti i sepolcri umani e non seppe più risorgere; il mio gemito era simile a un uccello di malaugurio e si rodeva e si lamentava giorno e notte.
— Ahimè, l’uomo eternamente ritorna! L’uomo più vile ritorna eternamente!
Nudi li vidi un giorno entrambi, l’uomo grande ed il piccolo: troppo somigliava l’uno all’altro: — troppo umano trovai anche il grande! E troppo piccolo.
— Da ciò mi venne il disprezzo! — Per ciò mi fu in fastidio tutta la vita!
Ah schifo, schifo! — così proseguì Zarathustra sospirando e rabbrividendo: — poi che si ricordava della sua malattia. Ma i suoi animali non lo lasciarono parlare più oltre.
«Non parlar più, o convalescente! — supplicarono — ma esci: il mondo ti aspetta come un giardino.
Esci a ritrovar le rose e le colombe! Esci a ritrovar gli uccelli canori, che ti apprendano il canto!