Pagina:Così parlò Zarathustra (1915, Fratelli Bocca Editori).djvu/199

200 così parlò zarathustra — parte terza


19.

Io segno intorno a me circoli e sacri confini; sempre più scarso si fa il numero di coloro che con me ascendono i monti più alti: or quella che io innalzo è una catena di montagne sempre più sacre.

Ma dovunque vogliate ascendere con me, o miei fratelli, badate che insieme con noi non salga anche qualche parassita!

Parassita è il verme che striscia, che s’insinua nel corpo, e vuol ingrassare a spese delle vostre piaghe segrete.

Questa è la sua arte: spiare il momento in cui un’anima che sale si sente stanca: nella vostra tristezza e nel vostro corruccio, nel vostro delicato pudore, egli fabbrica il suo brutto nido.

Dove il forte è debole e il nobile troppo generoso — il parassita s’annida: egli elegge la sua dimora là dove il grande ha sue piccole piaghe segrete.

Quale è la specie più sublime di tutte le cose e quale la più vile? A quest’ultima è il parassita, il quale si nutre delle carni di chi appartiene alla prima.

Come non anniderebbero in maggior copia i parassiti nell’anima che possiede la scala più alta per salire, e sa ad un tempo discendere in tutte le più remote profondità?

— Nell’anima che è la più comprensiva, in quella che meglio d’ogni altra sa correre e smarrirsi in sè stessa; nella più fatale, in quella che per suo diletto s’abbandona al rischio del caso?

— Nell’anima che si tuffa nel divenire, e tende in ogni possesso verso la volontà e il desiderio?

— Nell’anima che da sè stessa rifugge, e sè stessa attinge nel più largo dei circoli; nella più saggia di tutte, in quella a cui la follia sussurra le più dolci parole?

— Nell’anima che più ama sè stessa; in quella ove tutte le cose hanno il lor flusso e riflusso? — Come la più sublime delle anime non dovrebbe annidare i peggiori fra i parassiti?