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delle tavole antiche e delle nuove 195


Ma non già l’aver servito a qualche principe — che importa ormai dei principi? — l’esser stati puntelli a ciò ch’era saldo, per farlo ancora più saldo.

Non già l’essere i vostri avi diventati cortigiani nelle corti, e l’aver voi appreso a starvene immobili e variopinti, come fa l’airone per lunghe ore, nelle acque stagnanti.

(Giacchè quello di saper stare in piedi è un merito proprio dei cortigiani; e tutti i cortigiani credono che della beatitudine dopo morte faccia parte il potere star seduti!).

E nemmeno che uno spirito, da essi chiamato santo, li abbia guidati alla terra promessa, che per me non è tale, giacchè la terra dove cresce il peggiore di tutti gli alberi, quello della croce, è ben poco promettente!

(— E invero, dovunque quello «spirito santo» ha guidato i suoi cavalieri, questi furono sempre preceduti da capre e da oche o da pazzi! — ).

O miei fratelli, la vostra nobiltà non deve guardare indietro ma avanti! Voi dovete essere reietti da tutte le patrie dei padri e degli avi.

Voi dovete amare la terra dei vostri figli: questo amore sia la vostra nuova nobiltà, — la terra non per anco scoperta, laggiù nel più lontano dei mari! Di essa vadano in cerca infaticabilmente le vostre vele!

Nei vostri figli voi dovete far ammenda d’esser i figli dei vostri padri: tutto il passato voi dovete redimere così!

Questa nuova tavola io appendo sopra di voi!

13.

«A che prò vivere? Tutto è vano! Vivere è trebbiar la paglia: vivere è ardere senza riscaldarsi».

Tali vecchie chiacchiere son tenute ancora oggidì come «saggezza»; e perchè son viete più hanno onore. Anche la muffa nobilita.

Ai fanciulli sarebbe concesso parlar così: essi hanno paura del fuoco, perchè si sono scottati! C’è molto di fanciullesco negli antichi libri della sapienza.