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194 così parlò zarathustra — parte terza


11.

La pietà per tutto ciò che è passato m’assale se io osservo ch’esso è in balìa della grazia, dello spirito, della follìa d’ogni generazione, che trasforma in un proprio ponte tutto ciò che fu.

Sorgerà un qualche titano ultrapossente, un qualche tiranno scaltrito, che con la sua grazia e la sua disgrazia saprà costringere e violentare tutto il passato, sino a tanto che esso divenga il suo ponte, il suo simbolo, il suo araldo, il suo grido del gallo?

Ma questo è il secondo pericolo e la mia seconda pietà: — chi appartiene al volgo risale con la memoria tutt’al più sino all’avo, — col quale cessa per lui d’esistere il tempo.

In tal modo tutto il passato è soggetto al potere di ciascuno; e anche potrebbe accadere che il volgo un giorno diventasse signore e travolgesse il tempo nelle sue torbide acque.

Per ciò, o miei fratelli, noi sentiamo bisogno d’una nuova nobiltà che si opponga alla plebe e sappia inscrivere su nuove tavole la parola «nobile» un’altra volta.

Poi che molti nobili sono necessari affinchè possa esservi una «nobiltà». O pure, come già dissi in una mia parabola: «In ciò consiste appunto la divinità, che esistono degli dèi, ma nessun dio!».

12.

O miei fratelli, io vi consacro a una nuova nobiltà e ve ne insegno i modi: voi dovete essere i generatori, gli educatori e i seminatori dell’avvenire.

— Invero, non già v’addito una nobiltà da potersi comperare con l’oro dei mercanti: scarso valore hanno le cose cui è posto un prezzo.

D’ora innanzi il vostro pregio sorga non già dalla schiatta donde discendete ma. dal fine a cui tendete. La vostra volontà e il piede che vuole spingersi oltre voi stessi, siano il vostro, nuovo onore!