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184 così parlò zarathustra — parte terza


Potrei — e voglio — cantare qualche canto appropriato a questo argomento: benchè mi trovi solo in una casa vuota e debba cantare per soli i miei orecchi.

Ci sono altri cantanti, è vero, ai quali l’ugola si fa elastica e il gesto e l’occhio espressivi, e il cuore desto, soltanto quando la sala è affollata. Ma io non rassomiglio a costoro.


2.

Chi agli uomini insegnerà di volare avrà con ciò infranto tutte le pietre miliari; voleranno, esse, tutte per aria ed egli ribattezzerà la terra con questo nome: «la leggera».

Lo struzzo corre più veloce del più rapido cavallo, ma esso ancora nasconde la testa nella sabbia pesante; e così fa l’uomo, che non sa per anche volare.

Gli pesano la terra e la vita; così vuole lo spirito della gravità! Ma chi vuol diventare leggero e gareggiar con gli uccelli, deve amare sè stesso: — questo io insegno.

Pure, l’amor di sè stessi che io insegno non è già quello dei tisici e dei fatui, nei quali puzza persili l’amor proprio — bensì un amor sano, che ci avvezza a sopportare la propria vita e ci affranca dal bisogno di errare.

Un tale errare si chiama «amore del prossimo»: questa parola giovò finora meglio d’ogni altra alla menzogna e all’ipocrisia, e segnatamente piacque sin qui a coloro che sono a tutti di peso.

E, per verità, quello d’imparare ad amar sè stessi non è un comodamento per oggi e per domani. Bensì di tutte le arti questa è la più squisita, la più astuta, la più ardua, la suprema.

Per colui che la possiede, ogni cosa è ben celata; e di tutti i pozzi di tesori il proprio è l’ultimo ad essere sfruttato: — così ha stabilito lo spirito della gravità.

Mentre ancor siamo per così dire nella culla ci dànno in dono parole e valori pesanti: «bene» e «male». In grazia di questo ci si perdona di vivere.

E non per altro usano far venire a sè i pargoli se non per impedir loro per tempo di amare sè stessi: così volle lo spirito della gravità.