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la prefazione 19


E così dicendo Zarathustra bussò alla porta della casa. Tosto si affacciò un vecchio con un lume e chiese: «Chi viene a me e al mio cattivo sonno?».

«Un vivo ed un morto: disse Zarathustra. Datemi da mangiare e da bere: me ne dimenticai durante il giorno. Chi dà da mangiare agli affamati ristora la propria anima: così parla la sapienza».

Il vecchio s’allontanò, ma ritornò poco dopo recando pane e vino. «Questo è cattivo luogo per chi ha fame — disse; appunto per ciò dimoro qui: bestie e uomini vengono a trovare l’eremita. Ma invita anche il tuo compagno a mangiare e a bere, egli è più stanco di te». Zarathustra rispose: «Il mio compagno è morto e difficilmente perciò potrei indurlo a ciò che mi chiedi». «Questo non mi riguarda», disse il vecchio, accigliato: «chi picchia alla mia porta deve accontentarsi a ciò che posso offrirgli. Mangiate, e fate il comodo vostro!».

Dopo di che Zarathustra camminò per altre due ore, affidandosi alla via e al chiaror delle stelle; giacchè egli era un nottambulo e amava considerare tutto ciò che dorme. Ma sull’albeggiare, ei si trovò in mezzo ad un folto bosco, ove si perdevano tutti i sentieri. Allora depose il morto nella cavità d’un albero sopra il suo capo — giacchè voleva proteggerlo contro i lupi affamati — ed egli si sdraiò, sotto, nel muschio. Ed in breve si addormentò: stanco di corpo, ma nell’anima vigile e sereno.


9.

Zarathustra dormì a lungo; e non l’aurora soltanto ma anche il mattino passò sul suo sonno. Al fine i suoi occhi si schiusero. Meravigliato, egli considerò il bosco silenzioso: meravigliato, guardò nel proprio cuore. Poi s’alzò ratto come il marinaio che improvvisamente scopre la terra, e mandò un grido di giubilo: poi che una nuova verità gli si rivelava. E allora così parlò nel suo cuore.:

«Una luce s’è fatta nel mio spirito: io ho bisogno di compagni, ma vivi — non già di compagni morti, di cadaveri, che possa trasportar meco dove io voglio.