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sul monte degli olivi | 165 |
Ora benedetta della folgore! Mistero che precede il meriggio! In fuochi divampanti vi voglio un giorno mutare, e in apostoli dalle lingue di foco!
Essi dovranno annunziare un giorno con lingue di foco: «Egli giunge, egli è vicino — il grande meriggio».
Così parlò Zarathustra.
Sul monte degli olivi.
«Il verno, tristo ospite, ha preso stanza nella mia casa; livide son le mie mani per la stretta delle sue.
Io lo rispetto, quest’ospite cattivo, ma volentieri lo lascio solo. Io lo fuggo volentieri: quando si corre bene gli si può sfuggire!
Coi piedi caldi e coi pensieri caldi io corro là dove il vento tace, verso l’angolo solatio del mio oliveto.
E là mi beffo del mio ospite severo sebbene sono indulgente con lui, perchè nella mia casa egli distrugge le mosche e ammorza molti piccoli romori.
Poi che egli non può tollerare il ronzio d’una mosca, e peggio ancora di due; egli fa solitaria anche la via, sicchè di lui ha paura lo stesso chiaro di luna.
Un rude ospite egli è, ma io lo rispetto, e non rivolgo le mie preghiere, come fanno i delicati, al panciuto idolo del fuoco.
Meglio un leggiero batter di denti, che l’adorazione d’un idolo! — così sono fatto io! E sono avverso sopra tutto agli idoli aridi e fumosi del fuoco.
Colui ch’io amo, l’amo più nell’inverno che nella state; e con maggior coraggio ora che l’inverno è entrato nella mia casa io derido i miei nemici.
Persin quando strisciando mi caccio tremante sotto le coltri: — persino allora ride e si scapriccia la mia felicità nascosta: ancor ride il mio sogno intessuto di menzogne.
Io, un essere strisciante? Nella mia vita non ho mai strisciato dinanzi ai potenti: e se mai ho mentito, l’ho fatto per amore. Perciò mi sento allegro anche nel mio letto invernale.