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162 così parlò zarathustra — parte terza


Tra loro si trovano attori incoscienti e attori involontari. I sinceri son sempre rari: particolarmente gli attori.

Di virile han poco o nulla: per ciò le loro donne tendono a mascolinizzarsi. Giacchè soltanto chi è veramente uomo, può salvar nella donna la donna.

E tra le loro ipocrisie questa mi parve la peggiore: che anche quelli che comandano simulano le virtù di quelli che servono.

« Io servo, tu servi, essi servono», — così prega anche qui l’ipocrisia dei governanti; — ma guai quando il primo tra i padroni non è altro che il primo dei servi!

Ah, nelle loro ipocrisie penetrò curioso il mio sguardo; e divinai in essa tutta la loro felicità di mosche che ronzano intorno alle finestre illuminate dal sole.

Quanta bontà, altrettanta debolezza. E altrettanta giustizia e compassione, quanta debolezza.

Franchi, onesti e benevoli essi sono gli uni con gli altri, come i granelli di sabbia son franchi, onesti e benevoli verso i granelli di sabbia.

Essi chiamano rassegnazione l’accettare modestamente una piccola felicità; ma nello stesso tempo sogguardano intorno per scoprire qualche nuova piccola felicità.

In fondo essi desiderano semplicemente una cosa: che nessuno rechi loro danno. Perciò precorrono ai desideri degli altri e fanno agli altri il bene.

Ma questa è «codardia», se pur abbia nome di virtù.

E quando questa piccola gente parla aperto, io non riconosco nella sua voce che la raucedine che s’aggrava a ogni nuovo soffio di vento.

Essi sono prudenti: le loro virtù hanno dita accorte. Ma mancano del pugno; le lor dita non sanno chiudersi in pugno.

Per essi la virtù è quella cosa che rende modesti e mansueti: con ciò convertono il lupo in cane, e l’uomo stesso nel più domestico degli animali.

«Noi abbiamo posta la nostra seggiola nel mezzo — questo mi dite voi con una smorfia che vorrebb’essere un sorriso: — a una distanza eguale dai gladiatori morenti e dai porci beati».

Ma questa è mediocrità: sebbene voi la chiamate moderazione.