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della virtù che rimpicciolisce 161


E poc’anzi una donna trasse a sè un bambino, che mi muoveva incontro: «Allontanate i fanciulli!», essa gridò; «quegli occhi potrebbero abbruciare le anime dei bambini».

Essi tossiscono, quando io parlo: pensano, forse, che la tosse sia un’obiezione contro la violenza del vento: — nulla essi comprendono dell’impeto della mia felicità!

«Noi non abbiamo tempo per Zarathustra» — mi obiettano; che importa d’un tempo che non ha tempo per Zarathustra?

E quando mi lodano poi, come potrei addormentarmi su la fama che mi è data da loro?

Un cinto di spine mi sembra la loro lode; ne sento le punture anche quando me lo tolgo.

E anche questo imparai da essi: quegli che loda finge di restituire qualche cosa, ma in realtà egli desidera di ricevere molto di più!

Domandate al mio piede, s’egli ama il loro modo di lodare e di sedurre! In vero, al suono di quella musica egli non ama nè ballare nè star fermo.

Essi vorrebbero sedurmi e persuadermi alla piccola virtù; vorrebbero persuadere al mio cuore il tic-tac della piccola felicità.

Io passo attraverso questo popolo e tengo aperti gli occhi: costoro son divenuti e diventano sempre più piccoli: — e n’è cagione la lor dottrina della felicità e della virtù.

Essi sono modesti anche nella virtù — perchè amano la lor comodità. Ma con la comodità non può andar d’accordo che una virtù modesta.

È bensì vero che imparano a camminare e trascinarsi avanti a modo loro: ed io chiamo ciò il loro zoppicare; ma con questo essi riescon d’impaccio a chiunque abbia fretta.

E più d’uno tra loro procede innanzi e guarda dietro a sè col collo stecchito: mi piace dar di cozzo in costoro.

Il piede e l’occhio non devono mentire, nè contraddirsi l’un l’altro.

Ma tra la piccola gente è grande la mendicità.

Alcuni di essi sanno volere, ma i più non sono che dominati. Alcuni son sinceri, ma i più sono cattivi commedianti.