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160 | così parlò zarathustra — parte terza |
Forse uno sciocco bambino le prese dalla sua scatola di giocattoli? Oh, se qualche altro bambino potesse rinchiudervele di nuovo!
E codeste camere e stanze: come mai uomini possono entrarvi ed uscirne? Mi sembrano fatte per puppattole di seta; o per gattine ghiotte, le quali offrono anche sè stesse alla ghiottoneria altrui».
E Zarathustra si soffermò e meditò. Poi tristemente, disse: Tutto è rimpicciolito!
In ogni luogo io scorgo porte più basse: chi è della mia specie, riesce ancora a passarci, ma ei si deve curvare!
Oh, quando sarò un’altra volta nella mia patria, dove non fa mestieri curvarsi — curvarsi «dinanzi ai piccoli?». — E Zarathustra sospirò, guardando lontano.
Ma quel giorno stesso egli pronunciò il suo discorso sulla virtù che rimpicciolisce le cose.
2.
«Io passo attraverso questo popolo e tengo gli occhi aperti: gli uomini non mi perdonano di non essere invidioso delle lor virtù.
Essi tentano di mordermi, perchè io dico loro: «la gente piccola abbisogna di piccole virtù» — e perchè non so comprendere a che serve la gente piccola.
Io sono simile ad un gallo intruso nel cortile di una fattoria, cui anche le galline hanno in odio: ma per questo io non serbo rancore alle galline.
Io sono gentile con esse, come con tutte le piccole seccature. Mostrarsi selvatico verso ciò che è piccolo, mi sembra una saggezza da istrici.
Tutti parlano di me quando la sera sono seduti attorno al fuoco, — parlano di me, ma a me non pensa nessuno.
Questo è il nuovo silenzio che appresi! Il romore che fanno intorno a me stende un manto sui miei pensieri.
Essi mormorano: «Che cosa ci minaccia questa tetra nube? Stiamo in guardia perchè non ci rechi qualche pestilenza!».