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152 | così parlò zarathustra — parte terza |
Di ciò provò un’altra volta terrore il cane; giacchè i cani credono ai ladri e agli spettri.
E quando lo riudii uggiolare in tal modo, la pietà mi assali un’altra volta.
Dov’era scomparso il nano? Dove il porticato? E il ragno? E il bisbiglio sommesso? Sognava io forse? O m’era appena ridestato? A un tratto mi ritrovai solo tra i selvaggi dirupi, nel più solitario chiaror di luna.
Ma un uomo giaceva disteso al suolo! Ed ecco! Il cane, saltellante — col pelo irto — mi vide giungere; e allora urlò nuovamente, gridò; quando ho mai udito un cane chiamare al soccorso in tal guisa?
E in vero io vidi cosa non mai veduta per l’innanzi. Vidi un giovane pastore che si contorceva soffocato, col volto contratto; e dalla bocca gli pendeva un grosso serpente nero.
Quando già avevo io veduto un’imagine di così triste ribrezzo e di si livido orrore in un volto umano? Forse egli dormiva, e il serpente gli si era cacciato nella gola, attaccandovisi coi denti?
La mia mano afferrò il serpente e lo tirò a sè — invano! Non riuscii a strapparlo dalla gola. Allora involontariamente gridai: «Mordi con tutta forza: Mordi!
«Stacca coi denti la testa! Mordi con forza», così gridava qualche cosa in me; il mio orrore, il mio odio, il mio ribrezzo, la mia pietà, tutto il bene e tutto il male in me s’unirono in un sol grido.
O voi arditi, a me dintorno! Voi cercatori, voi tentatori, e voi tutti che con accorte vele v’imbarcate per mari inesplorati! Oh voi tutti che amate gli enigmi!
Sciogliete l’enigma, ch’io intravvidi allora: interpretatemi la visione del solitario tra i solitari!
Poichè quell’era una visione e una previsione: — che cosa io vidi allora in una parabola? E chi è colui che deve venire un giorno?
Chi è il pastore, nella cui gola si cacciò il serpente? Chi è l’uomo, nella cui gola entrerà tutto ciò che è più pesante e più nero?