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della visione e dell’enigma 149

un filo che vi guidi pel cammino; e dove potete indovinare, sdegnate di comprendere).

— A voi tutti narro l’enigma ch’io sciolsi — la visione del solitario fra i solitari.

Crucciato io camminava di recente nel funebre crepuscolo, — tetro e duro, con le labbra serrate.

Più d’un sole s’era spento per me.

Mi arrampicavo per un sentiero che saliva audace in mezzo ai dirupi — un sentiero perverso, solitario, senza un ciuffo d’erba e senza arbusti: un sentiero di montagna che digrignava i suoi denti sotto lo sdegno del mio piede.

Calpestando nel silenzio il beffardo tintinnire dei ciottoli, schiacciando la pietra che lo faceva sdrucciolare, il mio piede si apriva con la forza una via verso l’alto.

Verso l’alto: — a dispetto dello spirito che lo tirava in giù, verso l’abisso, — dello spirito di gravità, ch’è il mio demonio e il mio più tristo nemico.

Verso l’altro: — sebbene quello spirito mi sedeva addosso, mezzo fra nano e talpa: storpio e storpiante, facendo gocciolare piombo nel mio orecchio e pensieri pesanti come piombo nel mio cervello.

«Oh, Zarathustra, bisbigliava in suon di scherno, scandendo le sillabe, tu pietra della saggezza! Tu lasciasti in alto te stesso, — ma ogni pietra lanciata deve ricadere!

Oh, Zarathustra, tu pietra della saggezza, tu pietra da fionda, tu distruggitore di stelle! Te stesso lanciasti molto in alto — ma ogni pietra lanciata ritorna a terra!

Eccoti condannato da te stesso alla tua propria lapidazione: oh, Zarathustra, tu hai lanciato il sasso ben lontano, — ma esso ricadrà sovra di te!».

Ciò detto, il nano si tacque; e durò a lungo il silenzio. Ma il silenzio mi opprimeva; a trovarsi in due in tal modo si è più solitari che mai!

Io saliva, saliva, sognava, pensava; — ma tutto mi opprimeva. Ero simile ad un ammalato oppresso da una lunga tortura cui un sogno più straziante ancora fa balzare nel sonno.

Ma è in me qualche cosa, che io chiamo coraggio; il quale sinora cacciò sempre da me la tristezza. Questo coraggio m’impose alfine di soffermarmi e di dire: «Nano! O tu od io!».