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146 | così parlò zarathustra — parte terza |
Tu procedi per la via della tua grandezza: or divenne l’ultimo tuo rifugio ciò che per te sinora si chiamava l’estremo pericolo!
Tu procedi pel sentiero della tua grandezza: il tuo miglior coraggio ti venga dal pensiero che dietro di te non v’hanno altre vie!
Tu procedi pel sentiero della tua grandezza: qui nessuno striscierà di nascosto dietro di te! Il tuo piede stesso ha cancellato dietro a te il sentiero, sopra il quale sta scritto: «Impossibilità!».
Sul tuo proprio capo e sopra il tuo proprio cuore! Oramai quello che in te è più mite deve diventare durissimo.
Chi ha sempre risparmiato troppo sè stesso finisce ad ammalarsi per le cure soverchie. Sia lodato ciò che conferisce a renderci duri! Io non esalto il paese dove scorrono il latte e il miele!
Per potere veder molto è necessario dimenticare sè stessi: — tale durezza si richiede ad ognuno che voglia ascendere i monti. Ma chi ha l’occhio indiscreto come potrebbe vedere le ragioni più profonde delle cose?
Ma tu Zarathustra, tu volevi penetrare nelle ragioni intime e nascoste: perciò tu sei costretto a salire te stesso, in -alto, sempre più in alto sino a tanto che vedrai sotto di te le tue stelle!
SI! Guardare dall’alto me stesso e anche le mie stelle; questo soltanto io chiamo la mia sommità, la mia ultima sommità!».
Così parlò Zarathustra in cuor suo, mentre saliva, confortandosi con dure massime: giacché il suo cuore si sentiva straziato come non mai per l’innanzi.
E quand’ebbe raggiunto la vetta del monte, scorse dinanzi a sè la distesa del mare: e si soffermò silenzioso a lungo. Ma la notte era fredda a quell’altezza: serena e stellata.
«Io conosco ormai la mia sorte»; disse finalmente con tristezza. «Ebbene: io sono pronto. Di qui ha principio la mia ultima solitudine.