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della redenzione | 133 |
Poichè Zarathustra ebbe parlato in tal modo al gobbo ed a coloro di cui il gobbo era interprete, egli si volse sdegnoso ai suoi discepoli e disse loro:
«In verità, miei amici, io cammino tra gli uomini come in mezzo a un ammasso di frammenti e di membra umane!
Orribile è il veder l’uomo frantumato e lacerato come su un campo di battaglia o in un pubblico macello.
E se il mio sguardo rifugge dal presente al passato, trova sempre la stessa cosa: frammenti, membra sparse, orribili mutilati — ma non già uomini!
Il presente e il passato sulla terra — ahimè, amici miei — son per me intollerabili: nè saprei adattarmi a vivere, s’io non fossi anche un profeta che legge nell’avvenire.
Un profeta, un volente, un creatore, un ponte che conduce all’avvenire, — ah, e insieme in certo modo anche uno storpio addossato a questo ponte: Zarathustra è tutto ciò.
Ed anche voi vi chiedeste sovente: «Chi è per noi Zarathustra? Come da noi dev’essere chiamato?». E come me, anche voi stessi alle vostre domande rispondeste con nuove domande.
È egli un promettitore? O un adempitore? Un conquistatore? Oppure un erede? Un autunno? Oppure un aratro? Un medico? 0 un convalescente?
È egli un poeta? O uno che ama la verità? Un liberatore? Oppure un domatore? Un buono? O un malvagio?
Io mi aggiro tra gli uomini, come in mezzo a frammenti dell’avvenire: di quell’avvenire che io vedo.
E a questo è rivolto ogni mio pensiero e ogni mio desiderio: comporre in unità tutto ciò che ora è frammento e lugubre mistero!
E come potrei tollerare d’essere uomo, se l’uomo non dovesse essere anche poeta, profeta e liberatore!
Riscattare il passato: ogni «così fu» con un «così volli!» — ecco per me la redenzione!
Il volere: ecco il nome del liberatore, del dispensator di gioie: il nome che io insegnai a voi, o miei amici! Ma ora imparate ancor questo: la volontà stessa è tuttavia prigioniera.
Il volere redime; ma come si chiama ciò che avvince di catene lo stesso liberatore?