Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
l’indovino | 129 |
attendendo ansiosi il suo risveglio, per sentirlo parlare un’altra volta e vederlo liberato dalla sua tristezza.
Or questo è il discorso che fece Zarathustra, dopo che si fu ridestato (e la sua voce giungeva ai discepoli come da una grande lontananza):
«Udite qual sogno io sognai, o amici, e aiutatemi a spiegarne il significato!
Un mistero mi sembra ancora questo sogno; il suo significato è tuttavia riposto e non vola ancora intorno con libere ali.
D’aver rinunziato a tutta la vita, io sognai. Ero divenuto guardiano notturno dei morti, lassù nella solitaria rocca della morte, in mezzo ai monti.
Lassù io vigilava sui sarcofagi: e di trofei erano ricolme le cupe tombe.
Dai sarcofagi vitrei la vita sopraffatta mi guardava.
Io respirava l’odore delle eternità fatte polvere: e dalla polvere la mia anima si sentiva soffocata. E chi avrebbe potuto in tal luogo dar aria alla sua anima?
La luce della mezzanotte mi emendava, e vicino a lei ritrovavo accoccolata la solitudine; e, terza e peggiore delle mie amiche, la quiete rantolante della morte.
Io teneva le chiavi, le più arrugginite di tutte le chiavi: con quelle sapevo aprire la più stridente delle porte.
Simile a un orribile gemito il suono si propagava pei lunghi corridoi quando la porta si moveva sui cardini: simile al grido d’un uccello di malaugurio iroso d’esser destato.
Ma ancor più orribilmente si sentiva stretto il cuore, quando il silenzio tornava a regnare tutt’intorno, ed io sedevo solo in mezzo a quella tristissima quiete.
Così trascorreva e si trascinava il tempo, se pur il tempo esisteva ancora: che ne so io! Ma finalmente successe quello che mi destò.
Tre volte fu picchiato alla porta, e i colpi parevan tuoni: tre volte ne rimbombarono con orribili echi le volte: allora io corsi alla porta.
«Alpa! — gridai — chi reca sul monte la sua cenere? Alpa! Alpa! Chi reca la sua cenere sul monte?».