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dei poeti 123


E anche Zarathustra taceva: il suo sguardo s’era fisso nella propria anima, come se guardasse lontano lontano. Al fine egli sospirò.

«Io sono dell’oggi e del passato», disse poi; «ma è in me qualche cosa che è del domani e del posdomani e di ciò che sarà un giorno.

Io mi saziai dei poeti, antichi e moderni; tutti mi appaiono ora superficiali come mari senza profondità.

Essi non seppero essere a bastanza profondi: perciò il loro sentimento non conobbe gli abissi.

Un po’ di voluttà frammista a un po’ di tedio: ecco ciò che di meglio seppero finora ottenere con le lor meditazioni.

Il loro arpeggio mi sembra un aleggiare o un guizzar di spettri: che cosa conobbero essi sin qui nell’intima dolcezza dei suoni?

Poi, costoro non mi sembrano troppo puliti: usano intorbidar la loro acqua perchè appaia profonda.

E molto volentieri si spacciano per riconciliatori: ma per me essi sono mezzani e mestatori, mezzi uomini e impuri!

Ahimè, io gettai le mie reti nei loro mari, sperando di pigliar buoni pesci; ma non ne trassi fuori mai altro che il frammento d’un qualche vecchio Dio.

Così il mare offriva all’affamato un sasso. E forse essi pure provengono dal mare.

Certamente, anche tra loro si trovan perle; ma appunto per ciò assomigliano anche più alle dure ostriche. E invece dell’anima trovai spesso in loro del limo salso.

Dal mare anche appresero la vanità; non è forse il mare il pavone per eccellenza?

Persino dinanzi al più brutto dei bufali esso dimena la sua coda, e non sembra saziarsi mai dello scintillio del suo ventaglio fregiato di merletti, fatto di argento e di seta.

E il bufalo lo guarda in aria di sfida sentendosi simile, nell’anima, alla sabbia, più simile ancora al folto bosco, ma simile sopra tutto alla palude.

Che importa a lui della bellezza del mare e di tutti gli ornamenti del pavone! Questa similitudine è dedicata ai poeti.

In verità lo stesso loro spirito è il più vano dei pavoni e un mare di futili cose.