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dei poeti 121


Non di meno coi miei pensieri io cammino ben alto; e se pur volessi camminare sui miei proprii errori, sarei sempre più alto di loro.

Poi che gli uomini non sono uguali: così parla la giustizia. E ciò che io voglio, essi non lo potrebbero volere».

Così parlò Zarathustra.




Dei poeti.

«Dacchè giunsi a conoscere meglio il corpo — disse Zarathustra ad uno dei suoi discepoli — lo spirito è sovente per me spirito solo per similitudine; ed anche tutto l’«imperituro» non è che una metafora».

Già un’altra volta mi hai detto ciò — rispose il discepolo — e allora soggiungevi: «Ma i poeti dicono troppe bugie.». Perchè hai detto questo?».

«Perchè? — rispose Zarathustra. — Tu mi domandi il perchè? Io non sono di coloro, cui si possa chiedere il lor perchè.

Solo forse da ieri io assisto a ciò che avviene? Già da gran tempo io ho conquistata l’esperienza del perchè d’ogni mia opinione.

Non dovrei essere una botte di memoria se volessi portar sempre con me le mie ragioni?

Troppo mi pesa ancora il portar con me le mie opinioni; e più di un uccello se ne vola via.

E sovente trovo anche nel mio colombaio qualche uccello straniero, il quale trema se stendo la mano.

Ma che cosa ti disse Zarathustra allora? Che i poeti son menzogneri? — Ma anche Zarathustra è un poeta.

Credi tu forse, ch’egli allora abbia detto la verità? Perchè credi ciò?».

Il discepolo rispose: «Io credo in Zarathustra». Ma Zarathustra scosse il capo sorridendo.

«La fede non mi fa felice», disse, «e tanto meno la fede in me stesso.