Pagina:Così parlò Zarathustra (1915, Fratelli Bocca Editori).djvu/12


la prefazione 13


Amo colui la cui anima prodiga sè stessa, colui che non domanda grazie e non restituisce: giacchè egli dona sempre e non vuole conservar nulla di sè stesso.

Amo colui che si vergogna se il dado cade in suo favore e si domanda: ho io forse barato al gioco? — giacchè egli vuole perire.

Amo colui che sparge parole d’oro dinanzi alle sue azioni, e mantiene sempre più di quanto ha promesso: giacchè egli vuole la propria distruzione.

Amo colui che giustifica i venturi e redime il passato; giacchè egli vuol perire in causa dei presenti.

Amo colui che castiga il proprio Dio perchè lo ama: giacchè egli deve perire per la collera del suo Dio.

Amo colui la cui anima è profonda anche nella ferita, e che può perire vittima pur d’un piccolo avvenimento: così egli passa volentieri oltre il ponte.

Amo colui la cui anima è traboccante in modo ch’egli dimentica sè stesso e tutte le cose con lui; così tutte le cose cooperano alla sua distruzione.

Amo colui che ha libero lo spirito e libero il cuore: per tal modo la sua testa non è che un viscere del suo cuore, ma il suo cuore lo spinge verso la rovina.

Amo tutti coloro che somigliano a goccie pesanti che ad una ad una cadono dall’altra nube che incombe sull’uomo: esse annunziano il fulmine che sta per giungere e vaniscono quali messaggeri.

Vedete, io sono un nunzio del fulmine ed una goccia pesante della nube: ma quel fulmine si chiama il superuomo».


5.

Quand’ebbe pronunciato queste parole, Zarathustra guardò un’altra volta il popolo e tacque. «Ridono» disse nel suo cuore: «essi non mi comprendono; la mia voce non è fatta per i loro orecchi».

Bisogna dunque spezzar loro prima gli orecchi affinchè apprendano a comprendere con gli occhi? Bisogna far dello