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del paese della coltura | 115 |
Giacchè così voi parlate: «Noi siamo reali in tutto e senza fede e senza superstizioni» — ecco di che vi gloriate!
Oh, come mai potreste credere, o multicolori, d’essere un’imagine dipinta di tutto ciò che fu creduto?
Voi siete confutazioni viventi della stessa fede, voi siete i distruggitori di tutti pensieri. Indegni di fede io vi chiamo, o reali! Tutti i tempi cozzano l’un contro l’altro nei vostri spiriti: e i sogni e le chiacchiere di tutti i tempi furon cose più solide del vostro esser desti!
Sterili voi siete: per ciò vi fa difetto la fede. Ma chi sente l’impulso a creare ebbe sempre i sogni profetici e amò i pronostici degli astri — e tenne fede alla fede!
Voi siete porte socchiuse, alla cui soglia attendono i necrofori. E questa è la vostra realtà: «Tutte le cose son degne di perire!».
Ah, come m’apparite, o sterili, magri nelle costole! Più d’uno tra voi ebbe ad avvedersene da sè stesso.
E quegli disse: «Forse un Dio, mentre dormivo m’ha tolto di nascosto qualche cosa». In verità, v’ha tolto quanto basta per farne una femminetta!
«È propria meravigliosa la magrezza delle mie costole!», esclamò più d’uno di voi.
Sì, degni di riso m’appariste voi tutti, uomini del presente!
E sopra tutto quando vi meravigliaste di voi stessi.
Guai a me, se io non potessi ridere della vostra meraviglia, e se fossi costretto a bere tutto ciò che di amaro è nei vostri calici!
Ma così come stanno le cose, io possa scherzare con voi, giacchè ho un grave fardello da portare: che importa a me se su quel fardello ch’io porto si posano anche gli scarafaggi e gli assilli!
In vero, non diverrà per ciò più pesante! E non già per voi, o esseri del presente, mi assalirà la grande stanchezza.
Ah, fin dove ancora debbo ascendere con la mia brama!
Dall’alto di tutti i monti io giro l’occhio in cerca dei paesi paterni e materni.
Ma la patria non la trovai ancora in nessun luogo: inquieto m’aggiro in tutte le città, ma sempre in vicinanza delle porte, pronto alla partenza.