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dei sublimi 111


Così il supremo male è necessario alla volontà suprema; alla bontà che crea.

Parliamone pure, o saggi tra i saggi, anche se trista cosa è il parlarne. Non è più trista ancora il tacerne? tutte le verità che si taciono diventano velenose.

E possa infrangersi ciò che nelle nostre verità è fragile! Ci sono ancor molte case da edificare!».

Così parlò Zarathustra.




Dei sublimi.

«Silenzioso è il fondo del mio mare: chi può credere che bizzarri mostri vi si nascondano?

Immensa è la mia profondità: ma essa risplende di misteri e di risa a fior d’onda.

Un sublime io vidi oggi, un solenne, un penitente dello spirito: oh quanto rise l’anima mia della sua bruttezza!

Col petto gonfio, nell’atto di chi aspira l’aria, così se ne stava quel sublime silenzioso.

Brutte verità pendevano dal suo corpo — erano il suo bottino di caccia — ed egli si pavoneggiava in abiti cenciosi. Molte spine gli eran rimaste attaccate ai panni; ma io non vidi alcuna rosa.

Egli non ha ancora appreso il riso e la bellezza.

Cupo in volto era uscito quel cacciatore dalla foresta della conoscenza. Tornava da un combattimento contro bestie selvaggie: ma la sua serietà ancor rivelava una bestia selvaggia non superata!

Egli era tuttavia nell’atteggiamento d’un tigre che sta per spiccare il salto: ma a me non piacciono coteste anime tese, nè cotesti esseri chiusi in sè stessi.

Voi mi direte, amici miei, che non bisogna contendere intorno ai giusti?! Ma se tutta la vita è una continua disputa per i gusti!