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102 | così parlò zarathustra - parte seconda |
La ballata.
Una sera Zarathustra passeggiava nel bosco coi suoi discepoli, in cerca appunto d’una fonte, quand’ecco si trovarono improvvisamente in un verde prato, silenzioso e circondato da alberi e da cespugli; ove alcune giovanette intrecciavano danze. Come ebbero scorto Zarathustra, le fanciulle sospesero il ballo: ma Zarathustra si appressò ad esse con un gesto affabile e parlò loro così:
«Non ristatevi dal ballare, o graziose giovanette! Non venni già a guastare con l’occhio torvo i vostri diletti: non vengo a voi quale un nemico delle fanciulle.
Io sono l’avvocato di Dio contro il demonio: il quale è lo spirito della pesantezza. Come potrei io, o agili fanciulle, esser il nemico della danza divina? o dei giovani piedini dalla caviglia leggiadra?
Io son, è vero, un bosco, ed una notte di cupi alberi: ma chi non ha timore della mia oscurità saprà scoprire anche fioriti rosai tra i miei cipressi.
E anche vi troveranno il piccolo dio, che è tanto caro alle giovanette! Egli giace presso la fontana: silenzioso, con gli occhi chiusi.
Proprio di pieno giorno egli s’addormentò, quel monello! Forse s’è stancato troppo nell’inseguir le farfalle?
Non vi adirate con me, o belle danzatrici, se castigherò un poco il piccolo dio! Egli griderà e piangerà — ma egli muove al riso anche quando piange.
E con le lagrime egli otterrà da voi, o cortesi, la grazia di un ballo: io stesso voglio accompagnare la sua danza con una canzone.
Una canzone di scherno contro lo spirito della pesantezza, il mio altissimo e potentissimo demonio, che chiamano il «padrone del mondo».
Ed ecco la canzone che improvvisò Zarathustra mentre Cupido e le fanciulle danzavano insieme.
«Ti fissai negli occhi, o vita! E mi parve di profondare nell’impenetrabile.