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la prefazione 11


Quale è la cosa più sublime? È l’ora del grande disprezzo: l’ora in cui non soltanto la vostra stessa felicità, ma anche la vostra ragione e la vostra virtù vi verranno a noja: l’ora in cui direte: «Che importa della mia felicità! Essa non è che miseria e sozzura ed una miserabile contentezza. Ma la mia felicità dovrebbe giustificare la stessa vita».

L’ora in cui direte: «Che importa della mia ragione! Chiede essa forse di sapere, come il leone di mangiare? Essa è miseria e sozzura ad una miserabile contentezza!».

L’ora in cui direte: «Che importa della mia virtù! Ancora non m’ha reso furibondo! Quanto sono stanco del mio bene e del mio male! Tutto ciò null’altro è che miseria e sozzura ed una miserabile contentezza!».

L’ora in cui direte: «Che importa della mia giustizia! Non vedo ch’io sia fiamma e carbone. Ma il giusto è fiamma e carbone!».

L’ora in cui direte: «Che importa della mia pietà! Non è forse la croce su cui s’inchioda colui che ama gli uomini? Ma la mia pietà non è una crocifissione».

Avete mai parlato così? Avete mai gridato così? Ah, se così vi avessi inteso gridare!

Non il vostro peccato, non la vostra moderazione grida contro il cielo, ma la vostra avarizia persin nel peccato!

Dov’è il fulmine perché vi lambisca con la sua lingua? Dov’è la follia, con la quale bisogna esaltarvi?

Ecco, io v’insegno il superuomo: egli è quel fulmine, egli è quella follìa!».

Poi che Zarathustra ebbe parlato in tal guisa, uno del popolo gridò:

«Abbiamo ascoltato fin qui il funambolo, fate ora che lo vediamo!». E tutto il popolo rise di Zarathustra. E il funambolo, che credeva a lui rivolte queste parole, cominciò il suo gioco.