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la sciabola e non il codice 59

o reconditi, prossimi o remoti, del panislamismo. Nulla di preciso, ripeto, per il pubblico del quale noi pure siamo, ma per lo meno questo è evidente: che gli arabi, o i Giovani Tunisini per loro, hanno già dato prova di volere intendere la politica d’associazione a modo loro, come una politica di insubordinazione; e che a tanto sono giunti in questi ultimi mesi, durante la guerra italo-turca, per la licenza che s’è loro lasciata, anzi s’è in loro fomentata, d’agitarsi in pro della Turchia e contro l’Italia. Agitandosi così, gli arabi di Tunisi concepirono uno spirito sovversivo a cui i loro capi, sempre vigili da tempo, hanno dato un’altra mira, confusa, così sul cominciare, ma non tanto che non si possa scorgere essere lo stesso regime franco-tunisino. Menando i loro trionfi carnascialeschi intorno al Manouba e al Cathage i franco-tunisini fecero la loro brava politica d’associazione con gli arabi contro di noi: si sono accorti ora che hanno fatto un cattivo affare contro loro stessi. Il panislamismo non distingue sottilmente tra gli infedeli. E dovrebbero impensierirsi di ciò i francesi i quali nella sola loro vecchia colonia d’Algeri hanno quattro milioni e mezzo di musulmani, di contro a poco più di 200 mila dei loro. Vien fatto di riflettere che perseverando potrebbero prepararsi un ben triste